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Sussidiarietà è parola prima di ogni buona comunità e società. La raccomandazione del principio di sussidiarietà è semplice: il primo che deve agire ed essere ascoltato è quello più vicino al problema, e tutti gli altri attori devono intervenire solo dopo per aiutare (in ‘sussidio’) chi è più prossimo alla situazione da gestire. Le applicazioni più note del principio di sussidiarietà sono quelle politiche (verticali e orizzontali), talmente note che si finisce per dimenticare che la sussidiarietà ha una portata molto più vasta.
L’origine della sussidiarietà si trova nel pensiero di Aristotele e poi di San Tommaso d’Aquino, e quindi nella tradizione liberale e federale. Ma il principio di sussidiarietà la troviamo già nella Bibbia. La sua prima radice è una dimensione cognitiva, riguarda la conoscenza. Chi è dentro un problema, o chi gli è più vicino, ha il diritto-dovere alla prima mossa perché ha una conoscenza diversa e in un certo senso superiore di quella di chi è “fuori” dal problema o comunque più distante (la distanza prende varie forme). Non è l’unica conoscenza in gioco, ma deve venire prima se prendiamo sul serio le persone. Chi è dentro il proprio problema possiede un accesso alla realtà diverso e necessario. Perché la realtà ha una sua forza di verità, espressa da una frase molto amata da Papa Francesco: “La realtà è superiore all’idea” (EG, 233), cioè all’idea che si fa della realtà chi è lontano da essa.
La migliore formulazione di questo complesso insieme di pensieri e di valori, che si condensa nel principio in esame, resta quella elaborata nell’Enciclica Quadragesimo Anno del 1931 che così recita: “…deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofa sociale: che siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle…”.
Nei documenti costituzionali nazionali ed europei la sussidiarietà viene primariamente riferita al riparto delle funzioni tra diversi livelli di governo: per l’Europa essa è invocata per lasciare margini di libertà agli Stati membri, mentre in Italia il principio comporta sia la distribuzione delle funzioni amministrative (e di conseguenza anche quelle legislative) tra lo Stato e i diversi enti locali, (art. 118 Cost., I comma) sia la sussidiarietà orizzontale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”( art. 118 IV comma)
Il valore costituzionale della sussidiarietà emerge anche da altre norme. A livello europeo infatti, i Trattati affermano che il potere delle istituzioni europee deve essere esercitato “nel modo più vicino possibile” ai cittadini, dove per “vicinanza” non si intende solo la materialità territoriale ma anche democraticità dell’esercizio del potere.
A livello nazionale vi sono molte altre norme, alcune fortemente volute in sede costituente dalla componente cattolica (a titolo esemplificativo, l’art. 2 sulla formazioni sociali e sul nesso tra diritti, doveri e responsabilità, l’art. 30 sulla famiglia e sulla responsabilità genitoriale e l’art. 33 sulla scuola libera), che consentono di affermare che la sussidiarietà è uno degli assi portanti di tutta la Costituzione.
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Da questo punto di vista oggi la sussidiarietà ha un preciso risvolto politico-economico nella situazione attuale sia rispetto al neo-liberismo che al neo-populismo statalista.
Il neo-liberismo selvaggio non ha prodotto solo scarti ambientali, ma anche scarti umani, come non smette di ripetere papa Francesco. A livello globale, l’1% delle persone possiede oltre metà dell’intero patrimonio planetario e ogni giorno un milione e mezzo di esseri umani rischiano di cadere nella miseria. In Italia circa un quarto (25,4%) della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale, una quota fra le più elevate in Europa. La crescita di povertà e ineguaglianza degli ultimi 30 anni non è solo un problema di welfare, ma anche conseguenza di questo modello di sviluppo che non ha a che fare con il benessere di molte persone
Il potenziale rivoluzionario della sussidiarietà consiste invece nel mettere al centro le persone e le comunità come obiettivi e come attori dello sviluppo economico-sociale secondo due dimensioni.
La prima è avere stima per ciò che le persone e le comunità sono già, incrementando quello che sanno già fare e le doti che già possiedono in un dinamismo basato su coesione, fiducia, iniziativa costruttiva, solidarietà, tutela della dignità del lavoro.
Ciò significa rinunciare all’atteggiamento muscolare e difensivo per intraprendere un più coraggioso percorso che affronti la complessità del reale, riattivando il desiderio di pensare al bene degli altri.
Ad esempio, nell’azione educative, sussidiarietà significa valorizzare ciò che il ragazzo è e sa già, perché nessuna persona è così ignorante da non sapere già qualcosa, nessuno è così giovane da non essere già qualcosa prima di essere formato. Come dice Baden Powell: “Ask the boy”, chiedi al ragazzo: parti da lui-lei se vuoi risolvere un suo problema.
La seconda dimensione è non avere a che fare con l’io isolato in un’ottica di disintermediazione ma con realtà sociali e di popolo di diversa ispirazione ideale: corpi intermedi e aggregazioni sociali che permettono alle persone di formarsi un pensiero critico e libero senza essere inquinate dalla mentalità dominante, di costruire opere sociali ed economiche come risposte solidali ai bisogni, di partecipare alla costruzione del bene comune.
Da questo punto di vista, come afferma l’ex governatore della Banca centrale indiana Raghuram Rajan, Stato e mercato non riescono da soli a fronteggiare i gravi problemi di ineguaglianza sopra accennati. Contro gli oligopoli delle grandi multinazionali sono indispensabili comunità locali che portano molti benefici, come ad esempio minori divisioni quando le identità etniche sono a livello delle comunità, maggiore partecipazione sociale e senso di autodeterminazione da parte dei cittadini, legami locali più saldi, maggior spazio per la sperimentazione politica ed economica, presenza di lavoro non remunerato.
La sussidiarietà propone però anche una visione nuova ed alternativa rispetto al neo-populismo statalista. Rifiutando la semplificazione della società a rapporto tra individui isolati e Stato, la sussidiarietà mostra come valori universali quali libertà, uguaglianza e diritti valgano non solo e soprattutto a livello individuale ma possano e debbano coniugarsi in modo diverso per comunità di persone caratterizzate da diversità culturale.
Non solo: si afferma una nuova e più completa concezione di democrazia. La sussidiarietà è infatti una concezione organica di democrazia non ridotta al diritto individuale di voto ma legata all’esistenza delle già citate aggregazioni sociali, al loro diritto di educare in modo pluralistico le persone, alla loro capacità di rispondere ai loro bisogni attraverso risposte strutturate che lo Stato deve valorizzare, al loro contributo creativo e originale al bene comune.
L’azione meritoria della sussidiarietà sul piano economico e politico si è vista nel nostro Paese dopo l’unità attraverso l’azione del movimento cattolico e operaio e dopo la Seconda guerra mondiale nell’agire delle aggregazioni popolari che hanno permesso un nuovo sviluppo economico e la nascita dello Stato democratico. Dove sono finite queste realtà comunitarie e popolari di diversa ispirazione ideale, che hanno fatto grande l’Italia? Non si può pensare al futuro del nostro Paese senza il loro apporto. Oggi questo mondo popolare ha cambiato pelle, ed è fortemente impegnato – soprattutto ma non solo – nel non profit e nel Terzo settore e aiuta le tante necessità dei più bisognosi. In Italia, quando è maggiore la presenza di attività sociali e di volontariato, aumentano le possibilità di trovare lavoro, di avere stipendi adeguati, con il contrasto ad abbandoni scolastici e povertà .
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Certamente, la linfa di uno sviluppo, equilibrato e duraturo, deve venire il più possibile “dal basso”, dai territori e dall’iniziativa delle persone. Tale principio non implica però un arretramento del potere pubblico, ma un suo salto di qualità perché venga garantita la migliore risposta possibile ai bisogni delle persone, da qualunque ente provenga.
Una grande occasione in questo senso è data dalla sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale, che ha sancito la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi per l’affidamento dei servizi sociali, l’uno fondato sulla concorrenza, l’altro sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale. Il secondo tipo di affidamenti (diretti) riguarda in particolare i servizi sociali di interesse generale erogati dagli enti del Terzo settore (Ets). Con tale norma viene introdotto un bilanciamento tra concorrenza e sussidiarietà orizzontale, superando la tendenza a far prevalere la prima sugli altri valori ugualmente protetti dalla Costituzione.
La co-programmazione e co-progettazione pubblico-privato proposta si basa infatti sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico.
L’articolo 6 del nuovo Codice dei contratti pubblici recepisce la sentenza della Corte costituzionale, sancendo che le realtà non lucrative non siano solo entità a cui appaltare servizi in regime di concorrenza, ma partner della Pubblica amministrazione nel perseguimento del bene comune.
È un’occasione da non perdere.
Professore di Statistica al Dipartimento di Statistica e metodi quantitativi dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Ha fondato e presiede la Fondazione per la Sussidiarietà che dal 2002 realizza attività di ricerca, formative ed editoriali su temi socio-economici e pubblica ogni anno il Rapporto sulla sussidiarietà.